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Associazione Mindfulness Project

 

Via Poggiberna 15, 

56040 S. Luce - Pomaia PI
presso l'Istituto Lama Tzong Khapa

segreteria@mindproject.com

mindproject@pec.it

 

Struttura ed obiettivi 

CF.90034760505

Il percorso della Scuola come viaggio. Ti invitiamo a leggere attentamente!

Immaginate di cominciare un viaggio. State esitando e non sapete se iscrivervi o meno alla scuola di counseling ad indirizzo buddista di Pomaia.

 

Vogliamo darvi alcune informazioni su “cosa vi aspetta” se deciderete di fare la strada con noi.

Il processo di iscrizione è graduale. Lo abbiamo strutturato così perché crediamo sia importante. All’inizio ci sarà un referente che vi accompagnerà nel verificare se il corso di Pomaia è quello che voi cercate. Scopo di questa fase è spiegare meglio che cosa caratterizza il nostro corso e verificare se potreste trarne beneficio.

 

Sappiate che il corso è centrato principalmente sull’esperienza diretta più che sulla teoria. Grosso modo la divisione sarà 70 a 30.

Chiediamo l’impegno di arrivare fino in fondo in modo da permettere di creare nel gruppo quella fiducia che sappiamo essere cruciale per lavorare insieme. I vostri compagni di viaggio, cioè gli altri studenti, creeranno con voi lo spazio che sarà valorizzato come luogo stabile e sicuro nel quale ci si può apertamente e costruttivamente confrontare per crescere.

L’intenzione di questo scritto è di spiegare, per quanto possibile, il percorso nel quale vogliamo sostenervi durante i prossimi tre anni.

Cominceremo, nel primo anno, con l’esplorare cosa significa ascoltare se stessi: fermarsi, respirare, osservare il flusso mentale ed intuire, trovare, riscoprire uno spazio, una ampia stabilità interiore, luminosa e chiara. Forti di questa intuizione, di questa potenzialità, durante il primo anno affronteremo trasversalmente, nei diversi moduli, vari insegnamenti di buddhismo che indicano la strada per stabilizzare in noi questa esperienza. Significativa in questo senso sarà l’esperienza dei 4 giorni di ritiro di meditazione dove potremo immergerci più in profondità in noi stessi e nell’esplorazione dei nostri condizionamenti.

Parallelamente per mettervi progressivamente in grado di gestire una relazione che sia in grado di accompagnare l’altro nello sviluppo delle sue risorse e potenzialità, cominceremo ad esplorare cosa significa “essere con“, quali sono le caratteristiche della relazione, cos’è la sofferenza, e cosa vuole dire ascoltare

in consapevolezza.

Per vedere in prospettiva noi stessi e la nostra storia, offriremo degli spunti sui processi evolutivi che ci accompagnano da quando siamo bambini, vulnerabili ed affidati alle cure degli altri a quando da adulti cerchiamo di sviluppare la capacità di amare noi stessi ed essere responsabili delle nostre azioni.

Dal punto di vista teorico affronteremo elementi di psicologia comparata, ossia confronteremo la visione buddhista della mente e della relazione con quella delle grandi scuole di pensiero nella psicologia occidentale: in particolare l’approccio analitico psicodinamico, cognitivista comportamentale, umanistico e transpersonale.

In sintesi questo primo anno sarà centrato sul rapporto del futuro counselor con se stesso e sull’importanza di lavorare su di sé per essere in grado di mettersi a disposizione dell’altro.

 

Nel secondo anno entreremo più in profondità nella sacralità della relazione con l’altro. L’intenzione è di attrezzarci con la capacità e le tecniche necessarie per stare con l’altro anche quando la salita è ripida e sembra di essere arrivati ad un vicolo cieco. Ossia darci gli strumenti per aiutare il nostro cliente a continuare il suo viaggio: quindi bussola e mappa delle stelle e del territorio.

Il lavoro è centrato sul sapere come gestire e lavorare con le emozioni del cliente, come rispecchiare, visualizzare e aiutarlo a chiarirsi ciò che sente/pensa/vede, come risuonare con l’altro e, laddove adeguato, come adottare un approccio di problem solving.

Di nuovo, saranno gli insegnamenti di buddhismo a rappresentare la colonna portante della nostra comprensione del territorio sia interno che esterno, cioè della psiche individuale da un lato e del senso della propria vita e della relazione dall’altro. Nello specifico studieremo la figura del Bodhisattva come colui

che impersonifica le qualità transpersonali che vogliamo sviluppare e praticheremo le meditazioni per lo sviluppo delle qualità della mente e del cuore che sostengono il processo della relazione d’aiuto sia nel counselor che nel suo cliente..

Per dare la possibilità di distinguere quando invece si tratta di problematiche che esulano dalle competenze del counselor verranno proposte alcune nozioni base di psicopatologia. Anche nel secondo anno ci sarà un ritiro.

Per riassumere, il secondo anno sarà centrato sulla relazione con il prossimo e sulla responsabilità che deriva dall’instaurare una relazione d’aiuto. Di nuovo il gruppo sarà la palestra nella quale ci alleneremo a vedere l’altro con occhi e mente presenti.

 

Il terzo anno, che conclude il percorso base di formazione, si focalizzerà sul sostegno che vi daremo per iniziare a lavorare e incontrare clienti veri con l’intenzione di aiutarvi a superare le difficoltà che inevitabilmente sorgono in questa fase. Gli strumenti formativi principali saranno la pratica del tirocinio e la supervisione .

Il tirocinio si svolge in strutture esterne alla scuola ( secondo la scelta dell’allievo) e rappresenta la possibilità di effettuare un contatto con il campo del vostro operare: un campo di azione, di lavoro, dove si riflette il campo interiore-mentale del vostro essere counselor .

La supervisione si affianca al tirocinio ed è un ulteriore strumento formativo per apprendere e sviluppare sia le competenze tecnico-professionali che le competenze relazionali: l’essere con l’altro con professionalità, con genuina e sensibile apertura e con padronanza degli strumenti del counseling al fine di

garantire l’efficacia progressiva del vostro intervento oltre che la sicurezza e l’incolumità sia vostra che dei vostri clienti.

Inoltre affronteremo le tematiche etiche e deontologiche del rapporto con il cliente.

Anche in questo ultimo anno ci sarà un ritiro e molta attenzione sarà dedicata alla dinamica di conclusione del processo formativo con l’intenzione di sensibilizzare il counselor alle tappe parallele nel rapporto con il cliente.

Il proposito è quello di condurvi, dopo questi tre anni, ad un nuovo simbolico punto di partenza.

Il punto dal quale, riconoscendo la sacralità della relazione d’aiuto e le splendide potenzialità di guarigione crescita e trasformazione insite in essa, vogliate continuare a percorrere questa strada che, nella nostra esperienza, continua per tutta la vita.

Le Qualità  della mindfulness nella relazione d'aiuto

Portare nella relazione d’aiuto le qualità della mindfulness, della compassione, dell’amore e degli altri stati mentali positivi permette di affinare una metodologia di intervento centrata sulla presenza empatica, sulla concentrazione e sul rilassamento, sulla possibilità di un ascolto profondo e autentico sostenuto dalla dimensione meditativa e dalle qualità intuitive della consapevolezza. La trasformazione della nostra mente/cuore attraverso lo sviluppo di stati mentali costruttivi (calma concentrata, consapevolezza, compassione, benevolenza, equanimità, ecc.) diventa perciò focus centrale del corso. Il percorso formativo integra la consapevolezza e le qualità dell’essere sviluppate con la pratica interiore sostenuta dalla meditazione e lo studio della psicologia e filosofia buddista con l’apprendimento degli aspetti teorici e metodologici della scienza della mente moderna e della relazione d’aiuto. Il modello si fonda sulle evidenze della moderna scienza cognitiva ed ha le sue radici nella visione buddhista come scienza e psicologia della mente intesa da una prospettiva laica e non schierata con alcuna corrente. In particolare la nostra esperienza ci ha confermato l’importanza di integrare la mindfulness con le qualità dell’essere che riteniamo altrettanto significative come l’amore e la compassione. Ciò è stato possibile grazie a molti anni di paziente lavoro svolto con seminari, docenze in scuole di psicoterapia e counseling, incontri individuali, convegni, formazione e specialmente pratica personale del team dei docenti. L’assunto fondamentale è che un’attitudine meditativa, consapevole e compassionevole possa avere un ruolo determinante per far maturare e sviluppare quei fattori mentali salutari che definiamo “qualità dell’essere” e che possono sostenerci e farci sentire comodi in qualunque situazione anche quelle più stressanti.

E’ questa attitudine che fa da sfondo e contenitore per l’ascolto profondo, empatico e partecipe. L’ipotesi è che grazie a queste qualità sia possibile attivare una capacità di “cura” che non appartiene né a un’operatore della relazione di aiuto né a un cliente in quanto tali ma appartiene a tutti nell’ambito delle relazioni. Una capacità che si origina nel contesto dell’interazione laddove siano presenti la consapevolezza, l’amore, la compassione e gli altri aspetti costruttivi della “mente-cuore”. La ricerca scientifica

nell’ambito delle neuroscienze si è interessata estesamente allo studio degli effetti della pratica meditativa sia sul versante delle capacità di attenzione e consapevolezza sia sul versante degli stati mentali costruttivi, in particolare la compassione. Sulla base di queste ricerche sono stati sviluppati diversi modelli che hanno la mindfulness come riferimento. Il tema centrale è la scoperta della mindfulness, o consapevolezza, intesa come qualità mentale che può essere sviluppata nell’essere umano, unitamente ad altri fattori, come ad esempio la serenità e la compassione, la tranquillità e la saggezza intuitiva. Queste qualità della mente e del cuore sono anche definite emozioni costruttive (Dalai Lama e Goleman 2003), stati mentali che sono la manifestazione della mente pacificata ed equilibrata.

Quindi ci si focalizza sull’integrazione tra la meditazione (e la mindfulness in particolare) con la relazione di aiuto, soprattutto in relazione all’importanza della pratica personale dell’operatore, non solo nel caso in cui utilizzi un modello di integrazione tra meditazione e relazione di aiuto, ma anche e soprattutto per l’efficacia della meditazione e del sentiero spirituale nel far maturare quelle qualità umane ed esistenziali, come appunto la presenza e l’empatia, che sono fondamentali allo sviluppo di una relazione significativa e che quindi concorrono a renderla efficace.

La psicologia buddista è fondamentalmente radicata nel metodo introspettivo di ricerca, e si dirige principalmente alla definizione della mente e delle diverse caratteristiche dell’attività mentale, dalla percezione, all’emozione, alla cognizione, con il principale intento di fornire strumenti per la guarigione e l’evoluzione spirituale che porta alla guarigione dalla sofferenza. La finalità della liberazione è il riferimento centrale dello studio della mente nel buddismo: l’insegnamento sulle Quattro Nobili Verità, che descrive l’origine della sofferenza e la via per realizzare la liberazione viene considerato il fondamento di tutti gli insegnamenti buddisti.

Un altro aspetto fondamentale è il pragmatismo: sebbene gli insegnamenti abbiano livelli di complessità e di raffinatezza elevati, generalmente lo studio intellettuale è incoraggiato in funzione della pratica meditativa, che viene considerata lo strumento essenziale per realizzare la conoscenza. Lo studio, la comprensione intellettuale, la conoscenza razionale preparano il terreno per lo sviluppo della motivazione, per sostenere l’impegno all’esplorazione profonda e quindi per intraprendere il cammino meditativo. La conoscenza deriva dall’esperienza e appartiene alla dimensione intuitiva piuttosto che a quella razionale.

La pratica di consapevolezza e i diversi livelli della mindfulness

La meditazione di consapevolezza comporta un’osservazione sistematica del fluire dei pensieri, delle sensazioni e dei fenomeni mentali come appaiono e si dissolvono nella mente, sino a sviluppare una comprensione sempre più raffinata delle visioni interiori che sono alla base del processo di liberazione: l’impermanenza cioè la transitorietà e il continuo fluire dei fenomeni; la sofferenza o insoddisfazione, dovuta ai processi dell’attaccamento/desiderio e dell’avversione, che si attivano come reazione alla realtà transitoria dei fenomeni; ed infine l’impersonalità o vacuità o assenza di un sé, ovvero il fatto che non si può trovare un sé permanente che controlla e governa questo processo né si può identificare il sé nei pensieri o nel corpo o in qualsiasi altro aspetto della mente e del corpo

La descrizione della psicologia buddista verrà limitata, in questa sede, agli elementi fondamentali, ai principali insegnamenti che sono significativi per lo sviluppo delle qualità

dell’essere umano; rimandiamo alla bibliografia per uno studio approfondito (si vedano, ad esempio, Thich Nhat Hanh 1998, Goldstein e Kornfield 1987, Lama Surya Das 1997).

Dal punto di vista delle metodologie per lo sviluppo psicologico e transpersonale, la pratica meditativa consiste nel coltivare i fattori positivi e salutari (ad esempio consapevolezza, fiducia, compassione, ecc.) e nel familiarizzare con essi, rendendoli predominanti rispetto ai fattori mentali negativi o non salutari (ad esempio attaccamento, irrequietezza, rabbia). Questa alterazione dei fattori mentali determina il modo in cui ci relazioniamo, momento per momento, alle esperienze, sia interiori che interpersonali. Nelle tradizioni meditative questo aspetto è considerato fondamentale e determinante, poiché con la pratica si ritiene possibile trasformare la mente, e quindi trasformare le azioni del corpo e della parola, cioè i comportamenti.

I diversi livelli della Mindfulness: una necessità di chiarificazione In questo modello integriamo i diversi livelli della mindfulness e una visione globale della mente e dei fattori mentali salutari. Nel panorama attuale dei diversi approcci che utilizzano la mindfulness possiamo distinguere diversi livelli e finalità della consapevolezza. 1) In primo luogo si può parlare di consapevolezza ed investigazione con riferimento al lavoro comune della relazione di aiuto, intendendo una ricerca focalizzata sulla storia personale e sulla narrazione, avendo come obbiettivo la comprensione di: “chi sono io, da dove vengo, di che cosa ho bisogno, dove sto andando”, delineando la condizione personale e interpersonale della mia esperienza e rafforzando il senso di autostima, autoefficacia e in genere quelle che nella psicoanalisi vengono definite le “funzioni dell’Io”. Si può poi intendere ed utilizzare la consapevolezza come nei diversi programmi di sviluppo della mindfulness attualmente diffusi in occidente, con l’intento di aiutare le persone a sviluppare migliori capacità di gestione delle emozioni e dei pensieri, per far fronte allo stress, per decentrarsi dagli schemi mentali e accedere a un certo grado di equilibrio emotivo. In questo secondo caso la mindfulness riguarda non tanto il contenuto dell’esperienza personale quanto il processo di funzionamento della psiche e il modo per rendere tale processo funzionale e salutare. Si tratta di un livello metacognitivo, in cui imparare a riconoscere il modo in cui operano i pensieri nel rapporto con il corpo e con le emozioni, e trovare in questo modo una capacità generale di non- reattività e di resilienza. Entrambi i primi due livelli si riferiscono a una dimensione della mindfulness che potremmo definire psicologica.

Infine si può intendere e utilizzare la mindfulness in una modalità più vicina alle sue origini, con riferimento a livelli più profondi del processo investigativo e del processo della concentrazione e dell’assorbimento meditativo. In questo caso si potrebbe parlare di deep mindfulness, di un processo significativo di approfondimento dell’esperienza meditativa, in cui l’investigazione è portata a livelli sempre più sottili e raffinati, direzionandola verso lo sviluppo di conoscenze intuitive relative alla natura della realtà dell’esperienza umana. Si tratta quindi di un diverso livello della mindfulness, che possiamo definire transpersonale, il cui focus è la visione profonda delle caratteristiche universali dei fenomeni

(l’impermanenza, l’insoddisfazione/sofferenza, l’insostanzialità del sé o vacuità), con una finalità più vicina al corpus delle pratiche meditative buddiste, che comprende non solo l’equilibrio emotivo ma anche la possibilità di sviluppare le più elevate potenzialità della mente/cuore, in un cammino progressivo di emancipazione dalla sofferenza e di realizzazione di dimensioni di benessere, di pacificazione e di saggezza sempre più raffinate. In questo senso sati viene considerata sinteticamente come “una saggezza o intuizione profonda della effettiva natura della realtà che include tutti i fenomeni esistenti “. Sati quindi viene inteso nella sua originaria accezione di saggezza intuitiva, anche denominata “Vipassana” che

significa “Visione profonda” e che è considerata l’unico effettivo modo per recidere alla radice le cause della sofferenza. Questo terzo livello transpersonale prevede inoltre

l’integrazione con le pratiche per lo sviluppo delle qualità dell’essere che sostengono e danno profondità al cammino psicologico e spirituale, la compassione, la gentilezza amorevole, la gioia, l’equanimità, ecc. Si tratta di un insieme di metodologie, derivate principalmente dalle diverse tradizioni buddiste, che adottiamo e che la ricerca scientifica sta sempre più dimostrando essere efficaci sul piano clinico in termini di salute e benessere psicologici. Questo approccio integra i tre livelli della mindfulness senza trascurare nessuno di essi, ma con una significativa apertura verso i livelli che abbiamo definito transpersonali, con l’intento di un processo graduale di maturazione psicologica verso i più profondi livelli di crescita e autorealizzazione transegoica.

Lavorare su mente - cuore per incontrare la spaziosità

A partire da un mente chiara e rilassata è invece possibile comprendere meglio i propri bisogni e quelli degli altri, comprendere le motivazioni, i significati interiori, le conflittualità e le dinamiche che ci impediscono di porre fine alle situazioni problematiche. E, come ci insegna il buddismo, a partire da una mente chiara e rilassata è possibile utilizzare le difficoltà stesse come fonte di crescita cambiando radicalmente la prospettiva mentale: non più tesi e focalizzati sull’ottenere risultati e sul risolvere o evitare ciò che ci disturba, ma aperti ad apprendere da ogni esperienza. Rilassamento, vigilanza e radicamento nel corpo come mezzi per aumentare la vitalità Il radicarsi nel corpo, ancor più quando sostenuto dal lavoro psicocorporeo (yoga, qi qong, kum nye o approcci psicocorporei occidentali) ha come effetto non trascurabile un rinnovato senso di vitalità e benessere, che è la manifestazione dell’equilibrio tra mente e corpo. Questa vitalità e qualità sensibile ed energetica rafforza la capacità di concentrazione e sostiene ulteriormente il lavoro ella consapevolezza. Questo non è solo fine a se stesso, come mezzo per stare bene, ma è di cruciale importanza nei momenti difficili, in cui la pratica si fa impegnativa e l’indagine interiore ha da esplorare aree significative di sofferenza interiore.
Il training all’osservazione della mente e la fondamentale funzione della disidentificazione: un nuovo senso di sé al di là del concetto di sé La pratica di familiarizzazione con la mente e gli stati mentali offre diversi strumenti per l’utente della relazione d’aiuto. Aprirsi all’osservazione della mente comporta l’apprendimento di un metodo di indagine introspettiva e la scoperta di un modo nuovo di relazionarsi alla propria esperienza interna. Per quanto riguarda il cliente nella relazione di aiuto questo significa acquisire delle abilità per gestire il proprio mondo emozionale e per far fronte alla confusione mentale. Queste abilità e risorse si rifanno principalmente alla spaziosità della consapevolezza, al carattere di motivazione e impegno, alla caratteristica del coraggio di esplorare ed essere in contatto ed infine alla funzione della disidentificazione: così è stata definita all’interno del modello della psicosintesi la capacità di distanziarsi dai contenuti della mente e del corpo (siano essi sensazioni, emozioni, pensieri, desideri, ecc) riconoscendo che essi continuamente si trasformano, non hanno carattere di permanenza e sostanzialità e in ultimo non sono il sé.
In termini di relazione d’aiuto questo offre l’importante possibilità dell’apprendere a dimorare in altri luoghi interiori, al di là dell’identificazione con il pensiero e con il corpo, al di là dell’ego.
Nell’ambito della relazione di aiuto integrata con la consapevolezza si ritiene quindi che l’esperienza intensiva e continuativa della meditazione sia uno strumento particolarmente efficace per affinare le diverse qualità interiori ed interpersonali dello operatore della relazione di aiuto e per garantire l’efficacia degli interventi centrati sulla consapevolezza. Le diverse qualità che abbiamo citato, unitamente ad altre come ad esempio l’impegno entusiastico, la gioia compartecipe e la pazienza, danno forma a un modo di essere con l’altro che crea una dimensione relazionale centrata sulla presenza e sulla compassione, un campo interpersonale che ha la caratteristica di facilitare lo sviluppo del potenziale umano e la trasformazione della sofferenza. Secondo questi modelli non è tanto l’insegnamento della meditazione ad essere importante nella relazione di aiuto quanto l’essere in una relazione meditativa con l’altro, all’interno della situazione clinica o di relazione d’aiuto in senso lato.a e autorealizzazione transegoica.

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